Il più importante progetto di ricerca, studio
e restauro delle Torri Costiere della Sardegna
Ognuna delle nove torri studiate possiede una collocazione paesaggistica eccezionale che coniuga l’unicità del paesaggio costiero sardo e la circostanza positiva che fa si che in alcuni casi sia ancora integro e pienamente leggibile.
Allo stesso tempo nel tempo il contesto ambientale e l’edificio hanno creato quella inscindibile coniugazione che è costituita dal paesaggio culturale inteso come insieme di aspetti naturalistici e dell’azione dell’uomo che a vario titolo e con accenti diversi ha utilizzato, sfruttato ed abitato quel territorio.
Rispetto ad altri contesti paesaggistici i nove delle torri considerate si sono conservati in maniera più che soddisfacente con punte di estrema qualità come nel caso delle torre della Pegna inserita nell’area protetta di Capo Caccia, grazie e soprattutto al fatto di essere collocati in siti praticamente irraggiungibili (come per la torre del Poetto) e con una conformazione e morfologia tale da impedire altre edificazioni.
La creazione successiva e in alcuni casi recente della viabilità carrabile principale lungo il circuito costiero le ha poste quasi sempre collocate sullo sfondo di visuali privilegiate ed altamente suggestive che contribuiscono alla riconoscibilità del territorio e al mantenimento della sua identità specifica.
Tutto ciò premesso ci porta riflettere sulla considerazione che ogni singolo intervento che dobbiamo proporre e attualizzare sul manufatto deve essere pensato per gli aspetti visivi in un doppia scala di valutazione: quella del manufatto che comprende un punto osservazione che varia dal vicino al lontano ma sempre avendo come riferimento l’edificio; quella del paesaggio del quale il manufatto, da qualunque distanza si osservi, costituisce una parte del tutto che però è capace di modificarne la qualità generale.
Uso, riuso e rifunzionalizzazione.
Tutte le torri considerate sono state variamente abbandonate nel corso del tempo e oggi si presentano prive di un uso definito. Dobbiamo porci il problema di finalizzare il nostro restauro anche in funzione di un riuso possibile anche senza definirlo compiutamente in quanto “sempre allo scopo di assicurare la sopravvivenza dei monumenti va inoltre vagliata la possibilità di nuove utilizzazioni degli antichi edifici monumentali, quando queste non risultino incompatibili con gli interessi storico artistici a programmare nel tempo la conservazione dei beni che oggi restauriamo.
Quali sono i termini da considerare?
- Le torri sono nate con una funzione d’uso altamente specialistica e gli spazi, i sistemi di accesso rispondono a tale programma.
- Il sistema impiantistico le finiture erano ridotte al minimo ed erano tarate per un numero di fruitori che raramente superava le cinque unità.
- Nel loro periodo di utilizzo le torri sono state utilizzate esclusivamente come punto di difesa, osservazione e segnalazione, almeno per quello che riguarda le nove torri studiate.
- La funzione ha determinato la precisa volontà di renderle inaccessibili in termini di collegamenti verticali e di punti di accesso.
- La stessa funzione e la scelta dei luoghi hanno imposto la creazione e l’uso di una viabilità minima di avvicinamento al luogo, in alcuni casi pericolosa per la giacitura del terreno e per l’assenza di manutenzione.
Quanto sopra ci porta ad ulteriori riflessioni:
- il riuso implica la possibilità di accedere al bene in sicurezza, ossia avere degli idonei collegamenti verticali, delle adeguate aperture, delle superfici di calpestio percorribili;
- il riuso implica il potere arrivare al sito dove è collocato il bene in sicurezza in ogni caso sia che si tratti di pedoni che di automobilisti laddove possibile;
- escluso un uso a scopo difensivo ogni ipotesi di riutilizzo impone un nuovo programma funzionale e delle modifiche se non sull’oggetto almeno sul suo intorno;
- spesso all’uso è connaturata l’esigenza di potere chiudere il bene e renderlo inaccessibile in talune ore della giornata o in particolari circostanze;
- il riuso necessita di stabilire un collegamento tra il bene e un sistema d’uso a livello territoriale.
Tali aspetti devono essere posti a confronto con l’indicazione metodologica che postula come “i lavori di adattamento dovranno essere ridotti al minimo, conservando scrupolosamente le forme esterne ed evitando sensibili alterazioni all’individualità tipologica, all’organismo costruttivo ed alla sequenza dei percorsi interni”. Vige quindi il criterio secondo il quale l’uso è funzionale alla conservazione e non viceversa così come prescritto anche dal Codice laddove prescrive che i beni culturali “non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico od artistico oppure tali da creare pregiudizio alla loro conservazione”.