TORRE DEL PREZZEMOLO – MACROAREA A

Inquadramento Cartografico


L’area di intervento è collocata nel settore Sud-Ovest della città di Cagliari nel promontorio di Capo Sant Elia ad una quota di circa 34 metri s.l.m.;

Dal punto di vista cartografico l’aerea può così essere distinta:

  • Carta topografica d'Italia scala 1:25.000 FG. 566 Sez. IV “La Maddalena” edita dall'I.G.M. nel 1995, Edizione n° 1
  • Carta Tecnica Regionale, foglio 566020 e 566030
  • Carta Geologica della Sardegna scala 1:200.000, redatta dalla Regione Autonoma della Sardegna

Note storiche

L'edificio sorge su uno spuntone roccioso del colle Sant'Elia, a 30 metri sul livello del mare.
Il nome del Prezzemolo identificava in passato un'altra torre costiera, la vicina torre di Cala Fighera, oggi non più esistente.
La torre, chiamata originariamente torre di Capo Bernat o del Lazzaretto, ha origini cinquecentesche, mentre nel 1638 si data la sua dismissione in seguito alla costruzione della vicina torre di Calamosca.
Venne riarmata nel XVIII secolo e nel 1793 ebbe un ruolo di rilievo nel respingere lo sbarco dei francesi. Successivamente la torre venne nuovamente e definitivamente dismessa. I lavori di restauro la interessarono nell'anno 1916, mentre nel 1967 si provvide a puntellare la sottostante roccia con l'edificazione di contrafforti.
L'edificio, di forma tronco-conica, è di modeste dimensioni (circa sette metri di altezza per quattro di diametro alla base) e rientrava nella tipologia delle torrezillas, ovvero le torri costiere "minori", poco armate e con funzione quasi esclusiva di avvistamento.
La torre del Prezzemolo venne edificata in pietra calcarea, la camera interna, il cui ingresso è a quattro metri di altezza, presenta volta a cupola, con un foro che consentiva l'accesso al terrazzo soprastante.

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Geologia Locale

La Torre del Poetto si colloca in un tipico ambiente geologico sedimentario in facies marina caratterizzato dalla presenza di sedimenti miocenici carbonaceo-marnosi e carbonatici, che costituiscono l’ossatura delle colline di Cagliari. In tutta l’area affiorano estesamente le tre litologie sedimentarie che costituiscono il complesso dei “Calcari di Cagliari”, successione rappresentato da una stratigrafia costituita dal tetto al letto dalle seguenti litologie:

  • Pietra forte
  • Tramezzario
  • Pietra Cantone

Pietra forte
È la litologia che si colloca al tetto della successione miocenica ed è rappresentata da un calcare organogeno compatto con bioclasti e con resti di molluschi, briozoi, foraminiferi e coralli. Presenta il tipico colore bianco opaco anche se localmente può assumere diverse sfumature più scure.
Le sue proprietà meccaniche, influenzate soprattutto del grado di alterazione e di micro-
fratturazione, variano da buone a mediocri. È una litologia permeabile per fatturazione, la sua permeabilità e proporzionale al livello di fatturazione locale.

Tramezzario
In sostanza si tratta di un calcare marnoso, dal tipico colore bianco avorio e aspetto granuloso. Presenta stratificazione obliqua e contatti etero tropici con la litologia Pietra Forte. È una roccia permeabile per fatturazione; la sua permeabilità cosi come le sue proprietà meccaniche sono funzione del grado di alterazione e fatturazione locali.

Pietra Cantone
La Pietra Cantone è una calcarenite di colore giallastro mediamente cementata con percentuali variabili delle due componenti argillosa e arenacea. La componente calcarea è formata spesso da un impasto di foraminiferi mentre la frazione arenacea è formata da frammenti organici calcarei e talvolta silicei. La presenza della componente argillosa conferisce bassa permeabilità e proprietà meccaniche scarse e favorisce i processi igroscopici che causano il degrado fisico e chimico della roccia.

Nell’area affiorano inoltre depositi quaternari costituiti da conglomerati poligenici, arenarie più o meno cementate, crostoni carbonatici e sedimenti conglomeratici di spiaggia a matrice carbonatica. Appartengono all’olocene invece colluvi e suoli di spessore modesto, sabbie e ghiaie di spiaggia attuale e detriti di cava costituiti da elementi caotici con materiale di riporto artificiale e frammenti di calcare miocenico di varia granulometria.

Tettonicamente nell’area si possono distinguere due settori, quello ubicato a ovest di viale Calamosca risulta più fagliato rispetto a quello ad est, dove passa un importante faglia con direttrice campidanese, che ha prodotto il sollevamento del blocco ad est rispetto a quello ad ovest. La zona ad ovest presenta quasi tutte le direttrici NW/SE mentre il Monte Sant’Elia è fagliato con direzioni EW.

Queste hanno prodotto probabilmente numerose Pocket beach e fenomeni di crollo come quelli visibili sotto la Sella del Diavolo. Oltre a zone di raccorciamento sono evidenti zone di distensione testimoniate da pareti di faglie ricoperte da concrezioni calcitiche. L’idrografia superficiale è scarsamente sviluppata sia nel blocco ad ovest di viale Calamosca che in quello ad est.

Il processo principale che agisce nell’area è quello del dilavamento diffuso che nell’area prospiciente il vallone di Sant’Elia si riunisce e da origine ad un torrente durante gli eventi piovosi più intensi. La scarsa copertura di suolo non permette di ritenere notevoli quantità d’acqua e la maggior parte di essa si disperde in poco tempo cosi ché la ricarica per le formazioni affioranti risulta molto scarsa.
Nel settore in esame agiscono svariati processi geomorfologici che in presenza di litologie differenti per composizione e resistenza all’erosione, hanno influenzato l’evoluzione del rilievo; tali processi comprendono:

  • processi carsici
  • processi eolici
  • processi sui versanti
  • processi antropici

I processi carsici interessano particolarmente le formazioni carbonatiche, dove sono sviluppati fenomeni di microcarsismo superficiale con formazione di campi carreggiati. Tra le forme più diffuse vi sono le scannellature, piccoli solchi sub-paralleli separate da sottili creste più aguzze, che sono originate dalla corrosione ad opera della pioggia.

Maggiormente diffuse sono le vaschette di corrosione, cavità chiuse a perimetro sub-circolare o ellittico con un diametro compreso tra pochi cm ed il metro; sono il risultato dell’azione solvente dell’acqua stagnante combinata ad azione biologica. La corrosione allarga le vaschette agendo sulla base dei fianchi dove l’acqua si conserva più a lungo dopo le piogge. Molto spesso sono riempite da terra rossa.
Sono presenti altre forme dovute a dissoluzione di carbonati, ovvero grottoni che assumono l’aspetto di enormi tafoni sulle pareti verticali della “Pietra forte”, che assume un aspetto più farinoso, giallastro, molto simile alla “Pietra cantone”.

Numerose sono anche le cavità sotterranee e nella loro evoluzione è intervenuta anche l’azione erosiva del mare. Tra le grotte più importanti vi è la cosiddetta Grotta dei Colombi: all’interno vi si trovano forme tipiche della morfologia carsica, come canali di volta e altre forme legate all’azione del mare e alla permanenza di questo all’interno della grotta per un periodo abbastanza lungo, come solchi di battente e fori di litodomi.
I processi eolici hanno avuto e hanno tuttora grande importanza.
Sotto la costa sono presenti depositi eolici fossili i cui granuli che li costituiscono sono smussati proprio per corrosione del vento.

I processi sui versanti sono caratterizzati da denudamento ad opera delle acque dilavanti, attivi in varia misura anche sotto climi differenti da quello attuale. Si verificano fenomeni di soliflusso e sui versanti più ripidi anche con vere e proprie frane, come dimostrano i depositi di pendio, i colluvi ed i corpi di frana non attuali.
Un esempio è rappresentato dalla nicchia di distacco sopra Cala Fighera e dal corpo di frana sotto la Sella del Diavolo. I processi antropici hanno influito fortemente sulle forme del rilievo con l’apertura di cave per lo sfruttamento dei calcari, soprattutto la “Pietra cantone”, come materiali da costruzione.
Queste, oggi abbandonate, sono numerose sui versanti del Monte S.Elia dove è maggiormente presente questa litologia.

Analisi Strutturale

La Torre ha sede in un area di ex cava su un colle a forma triangolare con direttrici sub-
verticali dirette Nord 110°, Nord 50° e Nord 160°.
La classica successione miocenica Pietra Forte, Tramezzario e Pietra Canone su cui ha sede la Torre del Prezzemolo è caratterizzata da fatturazioni con lineamento dominanti NO-SE, con i coniugati secondari NE-SO.
L’intersezione di tali trends genera blocchi che in coincidenza con la presenza di giunti sub-orizzontali danno origine alla formazione di fenomeni di roto-ribaltamento ben visibili osservando la struttura.
Tali deformazioni rigide, unite ad una circolazione idrica incidente sulle stesse, ha generato diversi blocchi di forma allungata (in parete) o sferica (sul piano di campagna) che evidenziano un equilibrio instabile e del quale si ritiene opportuno il disgaggio e il consolidamento.

Condizioni Geotecniche

Le condizioni generali dell’ammasso di base sono certamente precarie in considerazione del sistema di fatturazione su questo caratterizzante. 
I due contrafforti eseguiti negli anni 70 hanno contribuito al contenimento dei processi di degrado e di avanzamento del dissesto dell’ammasso ma ovviamente non ne hanno potuto arrestare in via definitiva la sua evoluzione morfo-dinamica.
Per una corretta progettazione geotecnica è bene precisare che tutte le informazioni fin qui rilevate ed esposte, necessitano di integrazione, passante per uno studio in fase di progetto esecutivo caratterizzato da un rilievo geomeccanico in parete delle fratture e da una serie di stendimenti sismici a rifrazione.
Tali indagini verranno elaborate e interpretate nello studio geotecnico integrativo in cui si darà precisa definizione degli interventi di consolidamento sia di tipo attivo che passivo.
In questa fase di progetto, si ritiene accettabile lo studio eseguito in via preliminare, sia nelle tipologia di intervento proposto e sia dimensionamento, fermo restando, come specificato, che si necessita di un più accurato rilievo.

Interventi Proposti

Gli interventi da programmare per la limitazione dei fenomeni di dissesto sono da mirare alla limitazione della circolazione idrica nel sistema di fratturazione dell’ammasso, alla realizzazione di un sistema di protezione sia attivo che passivo e ad un adeguato programma di monitoraggio.
Si precisa che tutti i vari interventi sia di tipo attivo che passivo verranno eseguiti mediante una preliminare messa in opera di una rete di protezione per una superficie complessiva di 250 mq che consentirà di operare in sicurezza.
Per quanto riguarda la limitazione dei processi di circolazione idrica nel sistema di fratturazione si ritiene sufficiente il riempimento delle stesse mediante malte cementizie a tenuta idraulica messe in opera a pressione atmosferica.
Tale operazione è da eseguire successivamente una accurata ripulitura delle fratture, liberandole per quanto possibile anche dal riempimento oltre che vegetativo anche argilloso (lavaggio).
Il rilievo geomeccanico, come detto preliminare alla realizzazione degli interventi, consentirà l’individuazione di tutti i blocchi da disgaggiare o da “ancorare” mediante intervento attivo.
L’analisi preliminare ha già evidenziato una serie di blocchi di dimensioni metriche che posso essere disgaggiate per semplice azione di leve a mano (sarà bene ed opportuno evitare l’azione di leve idrauliche).
E’ evidente che il tutto dovrà essere eseguito senza generare stravolgimenti a quelli che sono i lineamenti caratterizzanti il profilo paesaggistico dell’ammasso, parte integrante del monumento.
Pertanto il disgaggio avverrà in fase costruttiva valutandone attentamente l’opportunità, della eventuale realizzazione di ancoraggi e piccoli contrafforti in cls. Successivamente verranno messi in opera tiranti lunghi da 3 a 5 metri con capacità tensionale non inferiore a 5 tonnellate.
L’ubicazione dei tiranti potrà essere meglio definita in relazione alle risultanze del rilievo geomeccanico.
Si ritiene indispensabile la realizzazione nel consolidamento dei contrafforti nel settore compreso tra i due oggi esistenti e una opera di sotto-murazione in cls con paramento esterno in pietra alto 1,5 metri, profondo 1 metro e lungo 5-6 metri.
Si ritiene utile eseguire il riempimento di una cavità presente nel settore est dell’ammasso mediante pietra sempre del tipo locale.
Si ritiene pertanto che gli inetrevnti indicati nella progettazione preliminare, sono allo stato dei fatti i più indicati alla risoluzione delle problematiche presenti.
Fondamentale per il corretto funzionamento di tutto l’intervento sono i sistemi di monitoraggio. Dovrà essere posizionato un sistema di estensimetri (non inferiori a 10) sulle principali diaclasi consolidate. Gli estensimetri, con precisione millimetrica verranno verificati sia con periodiche calate in fune da operai specializzati sia alla base dell’ammasso.
Dovrà inoltre essere predisposto un sistema di monitoraggio sia dello stato tensionale che dello stato corrosivo dei tiranti, anche tale operazione manutentiva dovrà avvenire mediante operai specializzati con calate in fune.